giovedì 25 novembre 2010

diario senza inizio. nota a margine. fare in n-1

Forse non avevamo capito quanto è difficile essere Talee. E' dura la vita di chi  non cresce dal proprio seme, di chi non si propaga dal proprio centro, ma esiste innestandosi sul terreno di altri, scommettendo sulla coltura/cultura di altri. Le librerie sono tutte diverse, città che vai libreria che trovi, quelle grandi e piene di libri, quelle piccole piene di cose, quelle che si lasciano contaminare e oltre ai libri trovi un bancone per le birre, i tavoli per le chiacchiere e magari anche gli strumenti lasciati lì per le serate di musica. Ogni volta le Talee devono innestarsi e trovare spazio come e dove è possibile e provare a crescere. E' così che si può sperare in vite molteplici, in avventure impreviste. E' così, speriamo, che l'esistente può rivelarsi su mille piani. Eppure c'è qualcosa di fastidioso in  tutto questo. Pensiamo agli incontri, senza mettere in conto gli scontri, gli urti, i frammenti di contingenza in cui inciampiamo. E' più forte di noi, quando progettiamo qualcosa, anche qualcosa che nella teoria abbatta l'idea di uno, di soggetto, di inizio,  che insista sulla materia, sulle articolazioni, sulla forza degli strati che, imprevisti, dislocano il nostro sguardo, poi, inevitabilmente, cerchiamo casa. Anzi cerchiamo l'albero davanti a casa, quel luogo sicuro, che c'era già prima di noi, per metterci tranquilli a pensare e a guardare, spalle appoggiate al tronco. Così anche l'albero, natura, diventa un pezzo del nostro mondo, da soggetto della natura diventa oggetto della nostra identità. Ma, dice ancora Deleuze, "la natura non agisce così: le radici stesse sono a fittone, a ramificazione più ricca, laterale o circolare, non dicotomica (natura/arte, natura/cultura etc). Lo spirito è in ritardo sulla natura". Scrivendo, facendo arte, non riusciamo a uscire veramente da questo ritardo, a liberarci per sempre e del tutto da questa nostalgia: il mondo si è fatto caos ma continuiamo a cercare di costruire piccoli mondi ordinati, "opere". E' più forte di noi ma "il molteplice" bisogna farlo non aggiungendo sempre una dimensione superiore, al contrario, il più semplicemente possibile, a forza di sobrietà, n-1.
Sottrarre l'unico dalla molteplicità da costruire; fare in n-1".


Sandra

Pisa 25 gennaio 2010

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