lunedì 10 gennaio 2011

"la sindrome dello scavo"

"Ripenso a quella parola, incolto - che non è coltivato. Vedi: sodaglia - che mi era venuta in mente un giorno mentre parlavo con Marguerite. E al rapporto che c'è tra la cultura dei libri e per esempio la coltura dei topinambur. Non perchè non si coltiva un terreno questo non è buono per le patate o altro. Pensiamoci,non è il vangare che rende il suolo migliore,lo prepara soltanto ad accogliere bene le semine. Gli dà aria. Questo mi fa arrivare alla conclusione che non perchè uno è incolto non è coltivabile. Basta imbattersi in un buon ortolano ..."*

Bene,credo che sia così anche con i libri, sono affetta dalla sindrome dello scavo, mi piace scavare, nei dizionari come nella terra. Piantare e guardar crescere un po' ovunque, anche nei libri vecchi messi un tanto al peso, scavo costruisco fondamenta e costruzioni di carta, innesti e talee da propagare.

Il topinambur, detto anche ciapinabò,
tupinabò, taratufolo, trifola, patacca, carciofo di canna, patata del Canada, ecc., è una pianta erbacea spontanea, parente stretta del girasole, dal quale però differisce per avere fiori notevolmente più piccoli e perché forma tuberi sotterranei commestibili, il cui sapore ricorda quello del carciofo.

Il topinambur pare sia originario del Nord America e del Canada, e che fosse coltivato da molte popolazioni dell’America meridionale già al momento della scoperta del Nuovo Mondo (1492). Portato in Europa, si diffuse praticamente ovunque. In Italia cresce spontaneamente lungo i corsi d’acqua, nei campi incolti, lungo i sentieri e le strade di campagna, anche tra le macerie, praticamente ovunque, in posizioni di pieno sole.

La costruzione del piccolo sformato di topinambur che fa Jonathan ai Balenieri è una vera talea che merita di essere coltivata!

*da Una testa selvatica , Marie Sabine Roger, Ponte alle Grazie

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